Un aspetto non trascurabile della malattia di Parkinson è la possibile comparsa di una sindrome dementigena. I dati in letteratura esprimono una prevalenza tra il 24 e il 31% e la presenza del problema nel 10% dei pazienti sviluppa demenza nel corso. Il criterio diagnostico adottato è quello della task force della Movement Disorders Society per cui la demenza come sindrome viene identificata per la presenza di un deficit in almeno due domini cognitivi (attenzione, funzioni esecutive, funzioni visuo-spaziali, memoria di richiamo). La presenza di sintomi comportamentali quali apatia, depressione, ansia, allucinazioni, deliri o eccessiva sonnolenza diurna è criterio aggiuntivo per la diagnosi. La buona pratica clinica suggerisce, in presenza di demenza, la sospensione di farmaci potenzialmente dannosi (soprattutto gli anticolinergici) e la identificazione di eventuali fattori precipitanti (infezioni, disidratazione, squilibri elettrolitici, lesioni cerebrali acquisite) soprattutto nei casi ad esordio rapido. La semplificazione della terapia dopaminergica, possibilmente utilizzando solo L-dopa, può essere considerato un giusto approccio anche se non documentato da studi formali.
La revisione della letteratura ha evidenziato:
- La rivastigmina può essere considerata per il trattamento della demenza nella malattia di Parkinson (D).
- Il donepezil può essere considerato per il trattamento della demenza nella malattia di Parkinson, ma ulteriori studi sono necessari per individuare la dose efficace (D).
- Entrambi i farmaci devono essere forniti solamente in unità con sufficiente esperienza nella diagnosi e monitorando attentamente i possibili benefici e i rischi. In particolare la diagnosi di demenza nella malattia di Parkinson deve essere in accordo con i criteri clinici e gli strumenti neuropsicologici previsti dalla task force della MDS (GPP)
- Non ci sono dati conclusivi per gli altri inibitori della acetilcolinesterasi.
- Le prove non sono sufficienti a formulare una raccomandazione sull’uso della memantina per il trattamento della demenza in pazienti con malattia di Parkinson, sebbene il farmaco appaia essere ben tollerato.
- In pazienti con malattia di Parkinson e deterioramento cognitivo devono essere ricercate eventuali cause trattabili di demenza e, se presenti, trattate (GPP).
- Dovrebbe essere presa in considerazione l’esclusione di qualsiasi altro farmaco non antiparkinsoniano che agisce sul sistema nervoso centrale, e la sospensione di farmaci anticolinergici, amantadina, inibitori delle MAO-B, inibitori delle COMT e agonisti della dopamina (GPP).
Sulla base degli studi condotti il profilo rischio-beneficio degli inibitori delle colinesterasi nel trattamento della demenza nella malattia di Parkinson deve essere approfondito. Ulteriori studi sono necessari per una migliore caratterizzazione dei pazienti più responsivi e sulla tipologia di disturbo cognitivo più responsivo all’intervento farmacologico. Ulteriori studi sono necessari per misurare l’efficacia della memantina e dei altri farmaci con attività antiglutamatergica. Ulteriori studi sono necessari sulla eventuale efficacia di interventi non farmacologici (riabilitativi, occupazionali, altri) sui disturbi cognitivi nei pazienti affetti da demenza associata al Parkinson.
Un problema dalle proporzioni drammatiche, di difficile gestione per il sistema familiare, spesso non supportato da un intervento efficiente ed efficace del territorio. La demenza nel Parkinson è problema non trascurabile. Non solo per le difficoltà diagnostiche differenziali, ma anche per l’attuale assenza di lavori sufficientemente EBM che dimostrino la reale efficace di questo o quel farmaco o classe di farmaco. Tenuto conto anche della non facile maneggevolezza dei prodotti a disposizione, dei possibili effetti collaterali, delle difficoltà prescrittive è evidente come la decisione di trattare farmacologicamente quest’aspetto della malattia richieda oculatezza e buon senso, nel rispetto dell’integrità del paziente.