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Rapporto OASI 2016 – Ingegneria istituzionale e sistema sanitario

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OASI 2016 – lo stato dell’arte

E’ stato presentato nei giorni scorsi alla Bocconi, il rapporto Oasi 2016 (Osservatorio sulle aziende e sul sistema sanitario italiano). Condotto dai ricercatori SDA e Cergas Bocconi il rapporto (link) analizza i trend evolutivi del nostro Sistema Sanitario Nazionale con particolare riguardo ai finanziamenti disponibili, al rapporto tra pubblico e privato e. più in generale, ai bisogni sanitari.

Molto interessante la lettura. Nei dieci capitoli che lo compongono emergono vari dati su cui riflettere.

Per quanto riguarda le risorse finanziarie impiegate il rapporto OASI evidenzia come l’assistenza sanitaria e sociale, con 149 miliardi, rappresenta il settimo settore dell’economia nazionale per prodotto lordo. Di questi 115 miliardi provengono dal SSN e 34 dai consumi privati, in lieve crescita rispetto al passato, anche perché il reddito familiare disponibile è minore e, tralaltro, con grosse disparità tra le regioni.

Si consideri infatti che in Campania (come pure in Sardegna e Calabria) la spesa privata è di 375 euro per abitante contro i 750 del Nord Est. Si evidenzia così un trend crescente di divaricazione tra i servizi sanitari regionali del Centro-Nord e quelli del Sud in termini di offerta sanitaria pubblica, spesa sanitaria privata e, soprattutto, servizi socio-sanitari sia residenziali che informali.

I ricercatori della Bocconi evidenziano, inoltre, una crescente interdipendenza tra sanità privata e sanità pubblica, tale da far considerare il settore sanitario come un comparto unico. “A oggi però, la necessità di organizzare queste interdipendenze non è ancora compiutamente in agenda. Il pericolo di uno sguardo a silos, sia rispetto i canali di finanziamento, sia rispetto ai diversi profili di erogazione, rischia di incrementare i profili di iniquità, inappropriatezza e insostenibilità complessiva, distruggendo valore per la comunità e indebolendo la possibilità di tutelare la salute a fronte delle risorse in gioco”.

Altro dato allarmante è la percentuale di quanti rinunciano alle cure per motivi economici, salita dal 6 al 6,2 per cento sul totale della popolazione. La conseguenza più evidente ed allarmante è la riduzione dell’aspettativa di vita in buona salute, mediamente di 60 anni al nord e di 55,4 anni al Sud.

Confrontando tale dato con quello epidemiologico di una crescita la popolazione anziana, evidenziata dal rapporto tra ultra 65enni e minori di 14 anni attestata a 158/100 a livello nazionale contro una media europea di 118/100 è imminente una grave crisi del sistema assistenziale.

Infatti gli anziani non autosufficienti sono 2,7 milioni con soli 200.000 presi adeguatamente in carico in strutture loro dedicate, mentre 600.000 ricevono un’assistenza non proporzionale al proprio bisogno presso il domicilio.

L’approfondimento del rapporto OASI sui servizi per gli anziani over75 non autosufficienti (i cosiddetti anziani fragili) evidenzia modelli di intervento differenti nei singoli contesti regionali, con livelli di copertura dell’utenza eterogenei e percentuali rilevanti di anziani in condizione di “undertreatment socio-sanitario” o assistiti in modo informale tramite l’auto-organizzazione delle famiglie. Inoltre emerge una diffusa tendenza da parte degli utenti a popolare in modo casuale i setting assistenziali disponibili. Colpisce il fenomeno di un elevato ricorso a prestazioni in ambito sanitario anche laddove i servizi sociosanitari sono diffusi in modo più capillare e intenso. Per rendersene basta osservare quanti sono i ricoverati alla ricerca di cure gratuite. Cure che spesso finiscono per peggiorare la situazione sia per i costi elevati che per le varie problematiche che l’ospedalizzazione comporta.

Tra i pochi dati positivi che emergono dal rapporto OASI quello relativo al riordino delle strutture sanitarie: accorpamento delle aziende territoriali e reintegrazione servizi ospedalieri e territoriali, con un taglio ai posti letto ospedalieri hanno consentito la razionalizzazione dell’offerta e la diminuzione dei punti fisici di accesso ai servizi ospedalieri.

Un’ulteriore criticità è data dall’invecchiamento del personale sanitario con un’età media dei dipendenti del Ssn di 53 anni per i medici e 47 anni per le professioni sanitarie. Il blocco del turn over e la riforma del sistema pensionistico i due fattori determinanti del fenomeno anche se, secondo il rapporto, il conseguente rallentamento delle assunzioni dovrebbe permettere di scegliere meglio la composizione del personale da inserire in futuro.

Non a caso i ricercatori della Bocconi dedicano un intero capitolo del rapporto OASI, il quarto, all’ingegneria istituzionale come principale leva di innovazione Considerando il dato del 38% della popolazione che dichiara almeno una patologia cronica e del 5% di italiani non autosufficienti, con trend in peggioramento, si è diffusa, all’unanimità, la consapevolezza di dover attivare processi di disease management delle patologie croniche, di integrazione tra servizi sanitari e socio-sanitari, di gestione del transitional care tra setting assistenziali.

Viene altresì evidenziato che “il cambiamento degli assetti istituzionali non è condizione sufficiente per modificare la geografia dei servizi: quest’ultima determina spesso degli alti costi di innovazione accompagnati da lunghe fasi di incertezza, in cui il dinamismo della narrazione politica è contrapposto a una staticità nella gestione. La modifica dei modelli istituzionali può operare al massimo come condizione facilitante, se poi rapidamente si interviene sui processi erogativi, si riallocano le risorse tra setting assistenziali, si sviluppano nuove competenze professionali. In altri termini, le riforme istituzionali possono effettivamente accelerare l’innovazione, a patto che le energie si focalizzino sui “fini” del cambiamento e sui collegati processi manageriali necessari a raggiungerli, ed evitino di disperdersi eccessivamente sui soli “mezzi” istituzionali. Ciò avviene se i sistemi di pianificazione e monitoraggio delle riforme sono dotati di robusti incentivi di politico-istituzionali e manageriali per raggiungere velocemente gli obiettivi prefissati.

Nella dialettica tra fini (gestione della cronicità, medicina di iniziativa, presa in carico, integrazione socio-sanitaria, ecc.) e mezzi segnaliamo una evidente aporia nel dibattito e nei processi di riforma in atto. La riflessione sugli assetti istituzionali è tutta concentrata sul ridefinire ruoli e poteri sull’asse verticale, tra centro e periferia. Questo riguarda sia la ri-regolazione dei rapporti tra Stato e regioni, ma anche la relazione tra regioni (e sue agenzie) e aziende. Il dibattito sulle relazioni verticali è però all’opposto rispetto ai fini delle riforme, vale a dire l’organizzazione delle interdipendenze orizzontali tra setting assistenziali, tra settore sanitario, socio-sanitario e socio-assistenziale, tra spesa pubblica e spesa privata delle famiglie. In altri termini, l’esplosione delle patologie croniche e della non autosufficienza ci pone il rilevante problema dell’integrazione orizzontale dei processi, delle risorse e delle responsabilità, mentre il dibattito sugli assetti istituzionali è tutto focalizzato sulla regolazione delle relazioni gerarchiche verticali. Questo paradosso rischia di allontanare l’architettura degli assetti dalla geografia dei problemi e di creare un’agenda di riflessioni di policy e di management scarsamente allineata ai problemi reali”.

A dimostrazione della necessità di ripensare l’assetto istituzionale il fenomeno diffuso in tutte le realtà regionali dell’immediata occupazione di qualsiasi disponibilità di offerta che si liberi da parte di rilevanti quote di bisogni insoddisfatti secondaria all’undertreatment socio-sanitario’ e di insufficiente offerta di servizi

In conclusione, la citata ingegneria sociale dovrebbe tendere a:

  • generare economie di scala, grazie ad aziende sanitarie di maggiori dimensioni;
  • generare livelli intermedi di cooperazione obbligatoria tra aziende pubbliche;
  • rafforzare il ruolo, le funzioni e le competenze della capogruppo (agenzie);
  • reintegrare le strutture ospedaliere con quelle territoriali.

 

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