Che il ferro giochi un ruolo importante nella patogenesi della malattia di Parkinson è ipotesi consolidata che nel lavoro pubblicato su Neurochemistry International (link) trova una sua sistematica descrizione. L’originalità dell’articolo sta nel fatto che la malattia di Parkinson viene descritta come un malattia multifattoriale in cui una varietà di cause può convergere su un meccanismo più o meno unitario, la produzione autocatalitica di radicali idrossilici e altre sostanze tossiche radicali catalizzate da ferro non legato. Inoltre gli studi di genetica dimostrano come parecchie forme di geni PARK intervengono su questo meccanismo, spesso in collegamento con il metabolismo del ferro. Infatti esistono forme “monogeniche”nelle quali il ferro gioca un ruolo contributivo nel processo neurodegenerativo. Ciò è particolarmente evidente nella regolazione dell’aggregazione della α-sinucleina attraverso un sistema proteico regolato dal ferro e il fatto che i corpi di Lewy, uno dei tratti distintivi del Parkinson, contengono α-sinucleina e ferro.Di recenteè stato descritto che trattando dei topi con un chelante del ferro per via orale, il clioquinolo, i sintomi della malattia possono essere evitati. Questi dati suggeriscono che ci potrebbe essere un contributo della proteina tau nell’accumulo di ferro tossico neuronale nella malattia di Parkinson. Tuttavia, nonostante le numerose prove che il ferro può danneggiare il tessuto direttamente o modificando l’ambiente cellulare in modo che sia più suscettibile alle tossine, è possibile anche che il deposito di ferro è in parte una conseguenza della perturbazione assonale come parte di un meccanismo di feedback autocatalitico.
Categorie