Le cronache recenti sono state funestate da notizie drammatiche: guerre, catastrofi, rapimenti e sgozzamenti, naufragi di migranti e omicidi di donne. In molti hanno ritenuto “positiva” l’Ice Bucket Challenge, ovvero la doccia ghiacciata a favore della raccolta di fondi per la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Peggiore iniziativa non poteva essere intrapresa. La SLA è malattia cronica, ad esito fatale, devastante e che allo stato è ancora molto poco conosciuta sotto il profilo scientifico: non se ne conosce la causa e non esiste una terapia. La persona con SLA vive una non-vita e non sono rari, tra questi pazienti, i casi di suicidio. Più che di fondi c’è bisogno di assistenza. Più che di uno, dieci o cento euro c’è bisogno di un’ora o due di vera partecipazione. Troppo facile placare la propria coscienza con una spettacolare, quanto ridicola, secchiata d’acqua gelata. Le cronache non dicono se e cosa hanno fatto le persone che hanno accettato la sfida una volta tornati alla vita normale. E’ facile immaginare che il loro impegno sia terminato con la doccia gelata. Per non trascurare il fatto che andrebbe compreso come e da chi verranno gestiti i fondi raccolti. Non è ben noto chi abbia lanciato l’idea dell’Ice Bucket Challenge, è certo che a promuoverla non sia stata l’ALS Association. Si sa che ad agosto, mese della massima espansione dell’iniziativa, in America sono stati raccolti cento milioni di dollari, ma non si sa da chi e come verrano spesi. In Italia l’AISLA ha raccolto 1,6 milioni di euro, ma anche molte defezioni, da Mentana a Berlusconi, da Calà a Rocco Hunt che, pur nominati hanno rifiutato, donando invece a favore dell’Associazione. Significativa al proposito la dichiarazione di Papa Francesco che, in un tweet, ha scritto “Un cristiano sa dare. La sua vita è piena di atti generosi, ma nascosti, verso il prossimo”. Da non trascurare inoltre altri tre aspetti. Il primo è che non viene dichiarato un programma di studi per cui chi contribuisce non sa come verrano spesi i soldi ed è verosimile anche che non sappia che da trent’anni a questa parte la ricerca nella SLA langue e certo non per mancanza di fondi. Il secondo è che esiste una discrepanza tra diffusione e gravità delle malattie e loro capacità di raccogliere fondi. In America è stato condotto uno studio che ha mostrato come malattie più diffuse e mortali hanno minore capacità di raccogliere fondi (link): AIDS, broncopatie croniche, diabete e suicidi non colpiscono l’emotività delle persone e non “aprono” il loro portafogli con uguale potenza. Il terzo aspetto è che queste manifestazioni “virali” sono potenzialmente pericolose, a prescindere dal fine. Oggi l’Ice Bucket Challenge a favore della SLA e domani? Dovremo forse assistere ad una necknomination o ad un qualsiasi altro stupido gioco per dimostrare la nostra, altrimenti trascurabile, partecipazione a problematiche fondamentali del nostro vivere quotidiano?
N.B. L’autore del post si occupa di malattie neurodegenerative da circa trent’anni ed ha assistito ed assiste diversi pazienti con sclerosi laterale amiotrofica sia nel momento diagnostico che in quello di sostegno, partecipando alle loro problematiche mediche ed emotivo-relazionali. Il suo approccio all’Ice Buckett Challenge è “non docce ma opere di bene”