Pubblicato su Neurology un articolo (link) in cui si afferma che per prevedere l’insorgenza dell’Alzheimer bisogna misurare le dimensioni del cervello. I ricercatori hanno analizzato le risonanze magnetiche dell’encefalo di 159 persone di età media di 74 anni che non presentavano segni di demenza senile ed hanno misurato le dimensioni di quelle zone che in studi precedenti avevano dimostrato, negli Alzheimer, dimensioni ridotte. I partecipanti allo studio sono stati quindi suddivisi in tre gruppi: ad alto rischio di malattia (19 persone), a medio rischio (116) e a basso rischio (24). Tutti sono stati sottoposti a test di memoria, attenzione, risoluzione di problemi, capacità di pianificare azioni sia all’inizio che alla fine dello studio e per i successivi tre anni. I risultati trovati dai ricercatori sono stati quelli attesi. I pazienti ad alto rischio presentavano evidenti sintomi di declino cognitivo nel 21% dei casi mentre solo il 7% di quelli del gruppo di rischio medio hanno presentato demenza. Nessuno dei pazienti del gruppo a basso rischio, dove nessuno dei pazienti ha mostrato problemi di memoria o deficit di attenzione. Anche l’esame del liquor ha presentato differenze significative risultando alterato nel 60% dei casi nel primo gruppo mentre nel secondo e terzo gruppo il liquor era alterato rispettivamente nel 36% e nel 19% dei casi.
Probabilmente il limite maggiore dello studio sta nella differenza di dimensione del campione analizzato. Il sette per cento di 119 persone sono pur sempre 9 persone che sono diventate Alzheimer. La riduzione di volume di alcune aree cerebrali inoltre potrebbe accompagnare la malattia e trovare dei rapporti dimensionali più piccoli in quelli che già stanno per ammalare ha scarso significato e valore sia ai fini terapeutici che, probabilmente, assistenziali.