Il contenuto di ferro nella pars compacta della substantia nigra aumenta nel cervello dei pazienti con malattia di Parkinson. La sua rimozione con i chelanti del ferro può ritardare la progressione della malattia. Tuttavia, le informazioni sulla loro capacità di attraversare la barriera emato-encefalica ed essere neuro protettivi è limitata. In uno studio pubblicato sul Journal of Neural Trasmission (link) sono stati esaminati tre chelanti del ferro, che sono attualmente approvati per uso clinico, la deferrioxamina, il deferiprone e il deferasirox. In studi precedenti è stato dimostrato che sia il deferiprone che la deferrioxamina sono neuroprotettivi nel modello con 6-idrossi dopamina (6-OHDA), ma non è stato indagato il deferasirox. La somministrazione focale di deferasirox (0,5, 2 e 10 mcg) nella pars compacta della substantia nigra di ratti ha significativamente attenuato la perdita dei neuroni dopaminergici e dei contenuti della dopamina striatale derivanti dalla tossicità da 6-OHDA. La somministrazione sistemica di deferasirox (20 mg / kg), deferiprone (10 mg / kg) o deferrioxamine (30 mg / kg), ha significativamente attenuato la perdita dei neuroni dopaminergici e dei contenuti della dopamina striatale. Ulteriori studi per comprendere l’azione di questi chelanti hanno dimostrato che la somministrazione locale di deferrioxamine o di deferasirox, tramite una sonda di microdialisi nello striato, prima di quella di 6-OHDA ha impedito la produzione di radicali idrossilici. I risultati confermano che la somministrazione di questi chelanti mostrano efficacia terapeutica e deve essere considerata come agente terapeutico per il trattamento della malattia di Parkinson.
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