Categorie
generale

La sanità italiana secondo l’Eurispes

L’Eurispes ha pubblicato il Rapporto Italia 2011.

La metodologia seguita, interviste su tutto il territorio nazionale nel periodo compreso tra la fine del 2010 e gennaio 2011 a circa millecinquecento persone, ha esplorato vari settori su sei assi principali:

  • Fiducia/Sfiducia
  • Progettazione/Improvvisazione
  • Benessere/Malessere
  • Cittadinanza/Sudditanza
  • Nord/Sud
  • Uomo/Donna

Per quanto riguarda la sanità si è rilevato: che solo il 35,8% degli italiani è soddisfatto del SSN, l’assistenza ospedaliera peggiora, i tempi di attesa sono intollerabili, le strutture ospedaliere sono carenti (due terzi dei cittadini). Nonostante la carenza di strutture e servizi, viene largamente apprezzata la competenza di medici e infermieri. I ticket sono troppo esosi per 6 cittadini su 10. Cresce il gradimento per i privati.

Interessanti infine le dichiarazioni del presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, che ha dichiarato “nello scenario attuale, vi sono almeno due “bombe innescate”. La prima è quanto in questi ultimi anni ci siamo fattivamente adoperati per distruggere quello che era stato costruito. Ciò di cui siamo certi è che questa situazione non potrà protrarsi ancora a lungo. Viviamo in una sorta di terra di nessuno della quale non si intuiscono i confini e viviamo alla giornata nella speranza che non accada il peggio. La seconda bomba pronta a far esplodere la Repubblica è quella del debito pubblico. Non serve a niente continuare a ripetere che il debito è stato creato dalla Prima repubblica a causa della spesa. La spesa pubblica ha continuato a lievitare anche in questi anni ma non ha prodotto nessuna crescita. Con la Prima repubblica cresceva il debito ma c’era sviluppo. Da più di diciassette anni continua a crescere il debito e non c’è sviluppo. Gli italiani potrebbero essere anche disposti a sopportare una stagione di sacrifici, ma chiedono in cambio serietà, correttezza e trasparenza”.

L’Italia sta vivendo, insieme, una grave crisi politica istituzionale, economica e sociale. Tre percorsi di crisi che si intrecciano, si alimentano e si avviluppano l’uno con l’altro fino a formare un tutt’uno solido, resistente, refrattario ad ogni tentativo di districarlo, di venirne a capo. Abbiamo sempre rifiutato di attribuire alla sola classe politica la responsabilità di tutti i nostri mali perché questa rappresenta solo una parte della classe dirigente. Noi preferiamo riferirci ad una “classe dirigente generale” della quale fanno parte con ruoli e responsabilità tutti coloro che sono in grado, per le funzioni che esercitano, per il senso che possono affidare al loro impegno, per l’esempio che possono trasferire alla società, di esercitare un ruolo, anche pedagogico, di guida e di orientamento. La nostra classe dirigente attuale non è né coesa né solidale. Possiede una grande consapevolezza di sé e nessuna consapevolezza dei problemi generali. Non è mai riuscita a costituirsi in élite responsabile. È più semplicemente il frutto della tradizione feudale che connota ancora il nostro Paese. La sua fragilità e la sua pochezza derivano dai meccanismi ereditari o di “cooptazione benevola” che ne hanno segnato i percorsi nel corso degli anni. Rari sono i casi che hanno visto premiato il merito, l’applicazione, le capacità. Tutto ciò richiede un ruolo attivo del pubblico e della politica per consentire al Paese di non restare indietro nei settori decisivi e strategici”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.