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Biomarkers e Alzheimer (2/3)

  • Autore articolo Di alfamag
  • Data dell'articolo 6 Settembre 2011
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Proseguendo la descrizione iniziata ieri sui biomarkers di Alzheimer l’articolo su Nature riferisce che le tecnologie di imaging stanno aiutando a identificare i cambiamenti a livello cerebrale che correlano con il declino cognitivo. Le scansioni RMN di persone con Alzheimer rivelano, con l’avanzare della malattia, un restringimento del lobo temporale e dell’ippocampo, la regione del cervello usata per immagazzinare i ricordi e l’orientamento spaziale, nonchè allargamento dei ventricoli, le cavità del cervello che contengono il liquido cerebrospinale. Gli studi FDG-PET dimostrano che il declino cognitivo è più strettamente associata a ridotta attività metabolica cerebrale. I ricercatori dell’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania, hanno sviluppato una nuova forma di PET. Utilizzando un composto radiomarcato chiamato Pittsburgh compound B (PiB), hanno generato scansioni che evidenziano le placche amiloidi nel cervello umano vivente. In combinazione con le misure liquorali, la metodica ha confermato che all’aumento di livelli aggregati di β-amiloide nel cervello corrisponde la diminuizione di β-amiloide solubile nel liquido cerebrospinale. Ciò consente di attribuire alla PiB-PET un ruolo definito come biomarcatore e convalida ulteriormente il significato della misurazione della β-amiloide liquorale come marker affidabile di patologia cerebrale.

L’ADNI ha anche chiaramente dimostrato che la patologia di Alzheimer è presente nel cervello delle persone molto prima che ammalino di demenza. Lo studio ha infatti indicato che le persone apparentemente sane di età superiore a 70 anni che hanno β-amiloide nel cervello potrebbero avere un rischio maggiore di sviluppare demenza. Infatti, le nuove linee guida NIH per la diagnosi di Alzheimer hanno ampliato la definizione della malattia per includere l’MCI e una fase presintomatica. La presenza di β-amiloide anche in questa fase iniziale potrebbe spiegare che le sperimentazioni con vaccini anti-β-amiloide non hanno avuto successo in quanto sono state effettuate su pazienti con malattia troppo avanzata.

(continua)

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