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Ospedalità privata: risorsa o buco nero?

Ospedalità privata
Nel corso della recente Assemblea generale dell’AIOP (Associazione Italiana Ospedalità Privata) sono stati presentati i dati relativi ai consumi sanitari privati ospedalieri (CSPH), che, stando ad una ricerca dell’Osservatorio Sda-Bocconi, raggiungono il 2,3% dei ricoveri totali in Italia. Singolare la concentrazione di oltre la metà di questi ricoveri in Lazio (27% del totale nazionale) e Lombardia (24%) e la preferenza per l’area materno-infantile e quella ortopedico-chirurgica. I ricoveri complessivi nel 2012 sono stati 234.855 con il 54% nel privato accreditato, il 24% nelle strutture pubbliche e il 22% nelle strutture private non accreditate. Per quanto riguarda invece le prestazioni a pagamento nel loro complesso (sia ricoveri che altre prestazioni sanitarie) lo studio ha evidenziato tre tipologie di offerte:

  • strutture sanitarie che operano nell’ambito delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e diagnostica (con il 51% delle strutture che dichiara di avere un fatturato derivante da attività di ricovero a pagamento inferiore al 30%);
  • strutture di ricovero sbilanciate sull’area dei ricoveri (con il 25% delle strutture che dichiara di avere un fatturato derivante da attività di ricovero a pagamento superiore al 70%);
  • strutture in cui le prestazioni a pagamento sono uniformemente distribuite tra ricoveri e altre tipologie di prestazioni (con il 25% delle strutture che dichiara di aver un fatturato derivante da attività di ricovero a pagamento compreso tra il 30% e il 60%).

Questi i numeri. Aperta la discussione circa il significato dei dati raccolti. Per quale motivo due regioni da sole superano il cinquanta per cento delle prestazioni offerte? per quale motivo le aree prevalenti sono la materno infantile e quella ortopedico chirurgica, come sono distribuiti i flussi migratori? riproducono il dato nazionale o ci sono differenze significative, la qualità e il costo delle prestazioni fornite sono paragonabili a quelle pubbliche? se no, in che misura? in un contesto internazionale che vede sempre più la riduzione dell’assistenza fornita gratuitamente a tutti il privato riuscirà a soddisfare l’universalità delle prestazioni o queste saranno accessibili solo a quanti hanno maggiore solvibilità?

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