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Ei furono

In ricordo dei miei pazienti Parkinsoniani.

Mentre scrivevo sul blog neurosal il post sulla mortalità nel Parkinson mi sono tornati  alla mente loro, i pazienti che ho seguito negli anni e che non ci sono più. Cominciano ad essere numerosi. E’ inevitabile. Spesso sono anziani, sono medico da trent’anni ed è naturale che le persone finiscano. Di tutti conservo un ricordo ancora vivo. C’è la mia prima paziente in assoluto che fino ad un paio d’anni prima di morire riusciva, nei momenti di sblocco, addirittura a cucire. Aveva l’età del papa e finì l’anno dopo di Wojtyla. C’è M. assistito con devozione dalla figlia e che mi raccontava sempre degli episodi della sua vita. C’è G. assistito dalla moglie che gli cuciva le pantofole antiscivolo con una chiusura che non gli dava fastidio ai piedi. C’è E. che ha atteso che finisse la moglie e se n’è andato prima del figlio che aveva un tumore inoperabile. E ci sono A., F., B. e tanti altri. Tutti con una loro storia molto intensa, vera, sofferta. Il Parkinson ha fatto sì che io potessi conoscerli, seguirli ed apprezzarli. Di tutti loro percepisco la loro assenza. Di tutti loro posso affermare che è vero “si muore con il Parkinson ma non per il Parkinson”. Chi di bronchite, chi di malattie cardiache, chi per complicanze diabetiche ma nessuno per conseguenze dirette della malattia. Concordo con le conclusioni dell’articolo. Una terapia ottimale con il riconoscimento precoce ed il trattamento delle manifestazioni collaterali (soprattutto la demenza e le manifestazioni comportamentali) allunga la vita, sia la durata che la qualità.

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