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Vite di scienziati

scienziatiCome di regola in queste occasioni, la stampa internazionale sta fornendo informazioni dettagliate sugli scienziati premiati con il Nobel della Medicina. Vicende umane ordinarie, testimoniano un impegno costante, silenzioso, vissuto in attenta osservazione di fenomeni naturali e nella descrizione dettagliata degli stessi. C’è una foto sul web che mostra i coniugi Moser alle prese con un grosso ratto (link) Forse un topo di campagna, di quella campagna norvegese dove sono nati e cresciuti negli anni Sessanta. Nulla a che vedere con l’Accademia istituzionale. Hanno frequentato lo stesso liceo e la stessa Università e lì hanno stretto quell’alleanza di vita e di lavoro che li ha portati alle scoperte che oggi consentono loro di ottenere mezzo Nobel. A chi li ha intervistati hanno dichiarato che essere marito e moglie è stato un grosso vantaggio. Potevano scambiarsi in tempo reale quelle informazioni e quelle idee che altrimenti avrebbero richiesto riunioni accademiche spesso a lunga scadenza. Anche la storia di John 0’Keefe, vincitore dell’altra metà del Nobel, è singolare. Americano, ma i genitori erano immigrati irlandesi, si laurea a New York, al City College all’incirca negli anni in cui nascono i Moser. Nel 1967 consegue un dottorato di ricerca in psicologia fisiologica presso la McGill University di Montreal e quindi si sposta per la formazione post-dottorato alla University College di Londra, dove è tuttora professore di neuroscienze cognitive, lo stesso college dove per un periodo sono stati suoi ospiti anche i coniugi Moser. O’Keefe si è dichiarato sorpreso del premio, assegnato a lui che in gioventù è passato dagli studi classici all’aeronautica prima di occuparsi di filosofia e psicologia. I tre già l’anno scorso avevano vinto il Louisa Gross Horwitz Prize della Columbia University, premio che spesso prelude al Nobel. Sorprende anche il loro curriculum a proposito della produzione scientifica. Una ricerca su Pubmed evidenzia 23 lavori dal 2002 ad oggi per O’Keefe e 61 per i coniugi Moser nello stesso periodo. A dimostrazione che non è il numero di pubblicazioni ma il loro valore intrinseco quello che dovrebbe consentire il giudizio sull’attività di ricerca scientifica.

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