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Narrare la malattia

narrare la malattia Il rapporto medico paziente ha subito una radicale trasformazione. La tecnologia applicata alla medicina, da un lato ha indotto la credenza della potenza guaritrice della malattia, dall’altro ha deluso molte aspettative e, di conseguenza, minato la credebilità del medico. Nel libro “Narrare la malattia”, scritto dall’antropologo Byron J. Good nel 1998 ed edito in Italia da Einaudi (link) viene proposta una chiave di lettura del rapporto medico paziente. Trascrizione fedele delle Morgan Lectures, conferenze tenute presso l’Università di Rochester, il documento sotiene che la malattia è un oggetto estetico piuttosto che biologico e l’approccio deve essere interpretativo più che positivista. La tesi di Good è che “la medicina sia in parte una costruzione ideologica che non rispecchia in modo diretto la natura”. L’argomentazione è complessa ed occupa i primi tre capitoli del libro: l’antropologia medica e il problema della credenza (cap. I); le rappresentazioni della malattia nell’antropologia medica: una disamina della materia (cap. II); come la medicina costruisce i propri oggetti (cap. III). Nei successivi capitoli viene applicata l’analisi etnografica a situazioni osservate in Iran, Turchia e Stati uniti, anche mediante l’applicazione del concetto di reti semantiche, l’osservazione fenomenologica alla costruzione e distruzione dei mondi della vita, l’utilizzo della teoria della lettura di Wolfgang Iser per sostenere che le “pratiche formative” che danno forma alla malattia e all’esperienza della malattia hanno un carattere profondamente sociale. (dall’introduzione di A.T.Carter)

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