Un interessante parallelismo tra il personaggio di Peter Pan e la persona con Alzheimer viene descritta da Brad Leithauser su The New Yorker (link).
Peter è senza speranza. Non riesce a ricordare nulla. Non ci sono altri libri di bambini in cui la dimenticanza è un tema così pervasivo ed inquietante. Wendy, per molti aspetti ricorda la figura del caregiver, inizia a preoccuparsi della memoria di Peter ancor prima di raggiungere il Neverland. Mentre era ancora in volo sembra dimenticare i nomi di Wendy e dei suoi due fratelli minori. “E se li dimentica così in fretta, come possiamo aspettarci che si ricorderà di noi?” Wendy si confronta con la prospettiva di Peter Pan ammalato di Alzheimer. Tutto ciò potrebbe sembrare un gioco (il ragazzo che non è mai cresciuto si lascia andare in una seconda infanzia senza mai lasciare la primo?), Ma chiunque abbia mai vissuto vicino accanto alle devastazioni del morbo di Alzheimer capisce quanto poco umorismo ci sia. La malattia consiste in ugual misura di disperazione e terrore, con poco spazio per le frivolezze. Peter non è certo l’unico personaggio soggetto a vuoti di memoria. Tutti i suoi compagni in Neverland, i Lost Boys che Wendy adotta con entusiasmo nel suo ruolo di madre surrogata, nascono da un passato nebuloso. (Il dialogo spesso suona come qualcosa che si potrebbe origliare in una casa di cura: “John, dice, guardando intorno a lui dubbioso, penso che sono già stato qui prima.” “Certo che ci siete stato, scemo. C’è il vostro vechhio letto”). Wendi temendo che i suoi fratelli, John e Michael, potesseroiniziare a dimenticare il mondo prima di Neverland, affronta il problema con buon senso. Comincia pertanto a porre delle domande comuni: ”Qual era il colore degli occhi della mamma? Chi era più alto, mamma o papà? la mamma era bionda o bruna? ” Il simbolo pregnante della perdita di memoria è l’incapacità di volare. In “Peter Pan”, i bambini sono in grado, con un po ‘di allenamento e forse con un po’ di polvere di fata, di raggiungere il cielo. Perdono questa capacità con l’avanzare dell’età, solo in parte perche crescono. Il peso della vita adulta diventa sinonimo di conformismo e prosaicità. Uno dei momenti più inquietante in “Peter Pan” è quando Wendy, anni dopo il suo soggiorno nel Neverland, ormai adulta con un bambino tutto suo, viene nuovamente visitata da Peter: “Era un ragazzino, e lei era cresciuta. Lei rannicchiata vicino al fuoco non osava muoversi, impotente e colpevole, una grande donna …. Qualcosa dentro di lei stava piangendo, Donna, donna, lasciami andare.” Perdere la capacità di volare è perdere il primato della fantasia sulla realtà: è la fine dell’incanto. Peter ha la più viva fantasia di tutti i ragazzi perduti. Unico tra loro, non fa distinzione tra un pasto di prodotti alimentari reali e immaginari, per lui, il concettuale e il tangibile sono intercambiabili. Nonostante sia adulto è il più determinato a mantenere le sue invenzioni infantili. Egli non cresce. Questa può sembrare una facile via d’uscita dalle difficoltà della vita, ma Peter è anche singolare tra i Lost Boys per la sofferenza di incubi cronici, da cui Wendy può proteggerlo solo a metà. Per ore non poteva essere separato da questi sogni, anche se gemeva pietosamente. Avevano a che fare con l’enigma della sua esistenza. In quei momenti era abitudine di Wendy portarlo fuori dal letto e sedersi con lui in grembo, per calmarlo … e quando diventava più calmo rimetterlo a letto, prima che si svegliasse del tutto svegliato, in modo che egli non dovesse sapere della mortificazione cui lo aveva sottoposto. Un altro momento in cui Peter Pan ricorda il comportamento di una persona demente e quando chiede “chi è Capitan Uncino” e a Wendy che, stupita, le dice “come l’hai ucciso e hai salvato le nostre vite” replica, non curante, “li dimentico dopo averli uccisi” E un attimo dopo, sul tema delle fate, la negligenza di Pietro sembra quasi crudele. Quando lei esprime la speranza che Trilli sarà felice di vederla dice: “Chi è Tinker Bell?” “O Peter,” risponde lei, scioccata, ma anche quando spiega che non riusciva a ricordare. “Ci sono un sacco di loro, mi aspetto che lei non ci sia più.”Il principio di vita di Peter è che non deve mai lasciare l’infanzia si che i vuoti di memoria sono tutti ad esso funzionali. Se fosse riuscito a ricordare le sue avventure, avrebbe avuto una storia, lui avrebbe avuto un passato, una sensazione, sinonimi di esperienza e di invecchiamento, di eventi stratificati nel tempo. Peter vive quasi esclusivamente nel presente: egli è “formicolio di vita e anche di vanità.” Quindi, per tutta la sua arroganza accattivante, deve rinunciare per sempre anche al più glorioso dei suoi ricordi. Per il ragazzo che non cresce mai, il tempo a stento esiste. Per il resto di noi, il tempo è pirata, e prima di farci camminare sull’asse ci spoglia di ogni nostro avere. Se Peter dimentica avventatamente il nome di uno dei cattivi immortali della letteratura infantile, l'”uomo insondabile che non era mai più sinistro di quando fosse elegante” l’impareggiabile Capitano Uncino. spetta a noi il compito di ricordarlo per lui. Più Peter diventa sbadato, maggiore è l’onere per il lettore attento. Nella letteratura, come nella vita, a volte ci viene chiesto di notare e di riflettere e far tesoro delle avventure di qualcuno che non vuole o non può ricordare per conto suo.
Brad Leithauser è un poeta e scrittore americano che collabora con un blog su The New Yorker. Ha perso la madre,ammalata di Alzheimer, un paio d’anni fa e nel post, qui in parte tradotto, pubblicato di recente offre un interessante parallelismo tra la figura di Peter Pan, che con i suoi vuoti di memoria e le sue avventure “fantastiche” sembra la parafrasi di una persona con Alzheimer e, ancora più interessante il parallelo, tra Wendy e la figura del caregiver.