Categorie
cultura e spettacoli mostre

Biennale di Venezia 2022

La Biennale di quest’anno ha avuto, per me, un sapore particolare.

Le iniziali perplessità sul titolo, “il sapore dei sogni” e sulle dichiarazioni della curatrice sui criteri di scelta delle opere da presentare hanno rapidamente lasciato il campo alla bellezza e alla significatività dell’esposizione.

Fruire delle varie opere, nei vari padiglioni nazionali a Giardini e agli Arsenali e dei singoli artisti è stata un esperienza molto intensa per meglio comprendere ed operare una revisione critica personale su tante condizioni umane, spesso sconosciute o criticate, se non emarginate.

Potrei azzardare l’ipotesi di una seduta estemporanea di psicoterapia che, come tutte le sedute finalizzate alla comprensione e all’accettazione di se stessi, ha un inizio e uno svolgimento destinato a durare per tutta la vita.

Tra i padiglioni mi ha colpito molto quello belga, una serie di installazioni video in ciclo continuo dove lo sguardo si perdeva tra i vari giochi di bimbi di regioni povere del mondo. Li dei ragazzini che guerreggiavano con degli specchietti, la un ragazzino che scalava una montagna di litio spingendo un grosso copertone di camion, facendolo poi rotolare giù, moderno Tantalo che però questa volta non soffriva nello sforzo.

Apprezzabile quello di Norvegia, Svezia e Finlandia che hanno deciso, coprendo la loro insegna, di affidare la loro esposizione alla cultura Suomi.

Di non immediata comprensione ma molto significativo il padiglione tedesco. Alla stregua di uno scavo archeologico sono state riportate alla costruzione originale ampie zone dell’edificio allo scopo di ritornare indietro nel tempo fino a prima del periodo nazista durante il quale fu ristrutturato secondo canoni dell’epoca. Il progetto però non è statico come potrebbe sembrare in quanto viene accompagnato da visite programmate a luoghi della memoria e della Resistenza.

Splendido il padiglione polacco con un omaggio alla cultura ROM realizzato con dodici pannelli a rivestire tutto il padiglione, rappresentanti i mesi dell’anno, i segni zodiacali e l’epopea ROM.

Significativo anche quello statunitense con le sculture di Simone Leigh dedicate ai 2coloured”.

Altri padiglioni mi sono sembrati meno interessanti. Vuoto quello spagnolo, fatta eccezione per un difficilmente comprensibile a primo acchito del riallineamento alle linee originali, scarni quello israeliano e il giapponese.

Ma il padiglione che su tutti ha avuto un grande impatto emotivo è stato quello Italiano.

Realizzato da Gian Maria Tosatti consente l’immersione in un’Italia che fu, quella industriale, con realizzazione di un capannone tessile, che all’epoca fece sembrare possibile ed inarrestabile il miracolo economico per poi scontrarsi con un declino inarrestabile tuttora in corso anche se l’itinerario si conclude con un sogno, citazione pasoliniana, di lucciole.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.