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La top ten degli ospedali

Pur nel marasma generale e sottoposta a critiche motivate prende vita una prima iniziativa di classificazione della qualità degli ospedali italiani. Sono molte le perplessità sull’argomento: dalla definizione del concetto di qualità, ai parametri seguiti per la sua applicazione alle singole realtà passando attraverso considerazioni di importanza fondamentale quali le risorse economiche e umane a disposizione, la collocazione territoriale delle singole strutture e via discorrendo. Anche per un medico riesce difficile orientarsi e si teme che iniziative come queste accelerino dinamiche a volte irrazionali, quali la migrazione interregionale, laddove la stessa assistenza, con la stessa qualità e a costo diretto e indiretto inferiore si può trovare nel proprio luogo di residenza. Se si considera poi l’esercizio al diritto della salute in maniera estensiva non si comprende come si possa giudicare la qualità dell’assistenza limitandola tout court agli ospedali: e il territorio? e la medicina preventiva? E questi sono solo alcuni degli elementi da tenere in considerazione. Altri paradossi e altre considerazioni richiederebbero appositi tavoli di lavoro composti da tutte le figure protagoniste: pazienti, medici di famiglia, del territorio, ospedalieri, personale di assistenza, amministrativi, politici locali e nazionali, governo tecnico e organismi di controllo. Limitandosi al campo neurologico si può ricordare come qualche anno fa una valutazione analoga venne formulata sull’assistenza al Parkinson: alzata di scudi di quanti non ritenevano di essere collocati in posizione utile e ambiguità intrinseca della classifica furono i veri elementi caratterizzanti una graduatoria che nasceva (sic!) dalla valutazione della letteratura scientifica prodotta. L’impressione, per quanto erronea, che se ne ricavava era che il paziente era solo un elemento da studiare e i concetti di assistenza, di customer satisfaction, di esiti positivi lasciavano il tempo che trovavano. Per curiosità abbiamo spulciato il sito doveecomemicuro.it limitando la ricerca al solo ictus cerebrale (l’unica malattia neurologica presente): sul territorio nazionale il primo ospedale Campano è quello di Nocera, al 36° posto, l’Azienda Ospedaliera di Salerno si posiziona all’ottavo posto in Campania. Solo qualche mese fa in altra graduatoria, ministeriale, il San Leonardo di Salerno era addirittura il primo in Italia per basso indice di mortalità a trenta giorni. Non possiamo non diffidare di tali “numeri”: si sono aggregate insieme strutture ospedaliere di vario livello, dotate o meno di Stroke Unit, in grado o meno di praticare terapia trombolitica, senza tener conto del numero di trattamenti praticati. Mancano del tutto i dati di ospedali quali Eboli, Battipaglia, Oliveto Citra, Roccadaspide, Sapri, Agropoli che pure gravitano nella provincia di Salerno, Vero è che non hanno reparto di Neurologia ma comunque assistono anche questi pazienti “acuti”. Ma la cosa più importante è l’uso potenziale di tale “classifica”: la persona che viene colpita da ictus a chi si rivolge? all’ospedale più vicino o corre (si fa per dire) al numero uno in Regione o prende l’aereo per il migliore a livello nazionale? La convinzione è che questi dati attengano ad un’obbligatoria verifica in background, competenza di epidemiologi, direzione sanitarie e strategiche aziendali, nonchè ad un livello politico locale e nazionale (Conferenza Stato Regione, etc). Guai se tutto dovesse sfociare in un TripAdvisor della salute.

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