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Conflitto d’interessi

Pubblicato sul British Medical Journal un articolo (link) che stigmatizza il possibile conflitto di interesse che si viene a determinare laddove gli autori delle linee guida sono anche legati in qualche modo all’industria farmaceutica. A tale scopo sono stati esaminati quattordici report pubblicati tra il 2000 e il 2010, inerenti il trattamento delle dislipidemie in Canada e negli Stati Uniti. In cinque di questi i membri del panel non dichiaravano nulla circa i conflitti di interesse. Nei restanti lavori tra i 288 membri dei panel 138 (48%) hanno dichiarato conflitti di interesse al momento della pubblicazione delle linee guida e 150 (52%) hanno dichiarato che non avevano conflitti o l’opportunità di dichiararne. Tra 73 membri che formalmente hanno dichiarato assenza di conflitti, 8 (11%) sono risultati averne uno o più. Dei dodici coordinatori identificati sei avevano conflitto di interessi. I membri dei gruppi sponsorizzati dal governo avevano meno probabilità di avere conflitti di interesse rispetto alle linee guida sponsorizzata da fonti non governative (15/92, pari al 16% contro 135/196, ovvero il 69%, con significatività statistica p <0,001). Gli autori concludono che la prevalenza di conflitti di interessi e la loro mancata denuncia da parte di membri è alta e che una percentuale relativamente elevata di linee guida non ha comunicato al pubblico la prevalenza di conflitti di interesse. Pertanto le organizzazioni che producono linee guida per assicurare la credibilità e la natura basata sull’evidenza dei contenuti dovrebbero minimizzare i conflitti di interesse tra i membri del pannello.
Sintomatico il dato che si evidenzia da un “gruppo di esperti” della National Lipid Association che raccomanda una drammatica espansione nell’utilizzo di nuovi biomarcatori per la diagnosi e gestione delle patologie cardiovascolari. Le raccomandazioni, se ampiamente adottate, accrescerebbero notevolmente non solo l’uso di questi test diagnostici, ma anche l’uso di farmaci ipolipemizzanti. Fatto sta che ogni membro del panel ha consistenti legami con l’industria, e la “conferenza di consenso” che ha portato alla pubblicazione delle linee guida è stata finanziata da una serie di società di diagnostica e di farmaci che hanno tutto da guadagnare dalle nuove raccomandazioni.

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