Gli americani sono maestri della riscrittura della storia, soprattutto quella nazionale. Su una storia vera hanno costruito, con un ottimo cast di attori, una narrazione da dentro e dal basso di buona parte del ventesimo secolo. Il risultato è discreto ma non eccezionale. Viene spontaneo un paragone con Forrest Gump il film che pure attraversava, con il suo personaggio, la storia e il territorio americano. In Butler invece è il maggiordomo ad essere attraversato dalla storia americana. Dal suo osservatorio privilegiato e per molti aspetti protetto di “House Nigger” della Casa Bianca assiste passivamente agli sviluppi dell’emancipazione razziale. Abituato a non reagire, a cercare di piacere ai bianchi, a rendersi invisibile al punto che anche la sua famiglia risente del suo non essere non può impedire, proprio con la sua presenza, il suo lavoro devoto e indefesso, che l’opinione dominante sui “coloured” inizi a cambiare dall’alto, dalla residenza del Presidente. Questo vorrebbe rappresentare il film ma la bella intenzione puzza troppo di finzione scenica. Ben altra è la verità e ben più dura è stata la vera storia. Da Martin Luther King alle pantere nere, passando per l’omicidio dei Kennedy la segregazione razziale è stata una triste realtà e il razzismo, in tutte le sue configurazioni, ha da dover subire ancora sonore sconfitte.
Categorie