L’articolo sull’attività fisica pubblicato su Archives of Neurology ha fornito l’0ccasione per un interessante editoriale sull’argomento (link). Partendo da una revisione Cochrane del 2001, che esaminò studi randomizzati e controllati relativi alla fisioterapia rispetto al placebo, individuando solo 11 studi eleggibili per la revisione sistematica, e che concluse che non vi erano “prove sufficienti per sostenere o confutare l’efficacia della fisioterapia nella malattia di Parkinson” nel 2012 gli studi sono diventati trentatre ed hanno consentito di concludere che, sebbene le differenze tra fisioterapia e placebo in termini di prestazioni motorie e le altre misure sono piccole, il beneficio dell’attività fisica è clinicamente significativo per i pazienti. Al di là dei suoi benefici sulla salute fisica, l’esercizio offre ai pazienti un ruolo più attivo nella gestione della loro malattia. I pazienti sono desiderosi di tale ruolo, il che è coerente con un modello di cura centrata sul paziente in cui l’assistenza sanitaria è “strettamente congruente con e sensibile ai desiderata dei pazienti, le esigenze e le preferenze.” I pazienti con malattia di Parkinson in particolare vogliono più informazioni sugli interventi non farmacologici e non sono soddisfatti delle informazioni che ricevono In un articolo su JAMA del 2012 i direttori del Patient-Centered Outcomes Research Institute hanno sottolineato l’importanza del paziente nella valutazione delle opzioni di assistenza sanitaria, affermando: “L’impegno dei pazienti in ogni fase del processo di ricerca è visto come essenziale anche nella selezione delle domande di ricerca, progettazione degli studi, esecuzione, analisi e attuazione dei risultati”.
L’esercizio fisico nei pazienti con disturbi neurologici accresce il senso di auto-efficacia, il senso di coinvolgimento nella cura e la convinzione nelle loro capacità di svolgere determinate attività. Inoltre, il coinvolgimento del paziente porta ad una maggiore soddisfazione per la cura e una maggiore probabilità di aderenza alla terapia. In sostanza, conclude l’editorialista, l’esercizio fisico mette il paziente, non una pillola, al centro dell’assistenza, che è esattamente dove i pazienti vogliono e dovrebbe essere.