In procinto di partire tre grosse sperimentazioni internazionali su altrettanti nuovi farmaci per l’Alzheimer. La prima studierà 160 persone portatrici di mutazioni genetiche ritenute responsabili di Alzheimer e in fase proclitica; obiettivo la verifica delle potenzialità del trattamento precoce nell’evitare, o quantomeno ritardare, l’esordio della malattia. Un altro studio riguarderà una famiglia americana che condivide la stessa mutazione. Il terzo studio coinvolgerà persone ultra 70enni, non portatori di mutazioni per Alzheimer, potenzialmente sani ma con scansioni cerebrali compatibili con iniziale Alzheimer. Verranno testati il ganterunamab, il LY2886721 e il solanezumab. Il gantenerumab si lega agli aggregati di amiloide permettendone la rimozione dal cervello. LY2886721 blocca l’enzima beta-secretasi determinante per la produzione di amiloide. Il solanezumab si attacca alla amiloide che fluttua libera nel cervello prima che aggreghi in placche, facilitandone la rimozione. A proposito del solanezumab si noti che di recente è stato testato in persone con Alzheimer da lieve a moderato e non sembrava avere effetto sulla malattia. Ma un gruppo di ricercatori, esaminando i dati forniti dall’azienda farmaceutica produttrice del solanezumab, ha notato un buon risultato nei casi lievi di Alzheimer.
Negli ultimi anni, gli studi clinici che coinvolgono le persone che hanno già l’Alzheimer non hanno fornito risultati confortanti per cui da tempo si era intenzionati a costruire studi su persone in fase preclinica. Il miglioramento della diagnostica strumentale con possibilità di individuare con precisione questa popolazione “in fase di transizione” ha dato nuovo impulso a tali ricerche. Unico grande ostacolo, in prospettiva e nell’eventualità che uno o più farmaci si dimostrino efficaci e privi di effetti collaterali, il prezzo che, si prevede, sarà esorbitante e non alla portata di tutti.