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L’infermiere del 2000

 

Il Ministero della Sanità sta operando una doverosa revisione di ruoli e competenze delle figure professionali protagoniste dell’assistenza. Non è solo una questiona “cosmetica” bensì la consapevolezza dell’evoluzione dell’organizzazione assistenziale. Concetti come “multi professionalità” e “interdisciplinarietà” impongono “l’acquisizione di saperi elevati per ciascuna professione dell’equipe e competenze agite in una logica di integrazione, collaborazione e cooperazione tra professionisti”.
Facile a dirsi, molto più complesso da realizzare. Soprattutto per le resistenze che si incontrano. Ad esempio sulla professione dell’infermiere. Figura che più di tutte ha riconosciuto una evoluzione culturale, notevole già nel momento formativo (non più un generico o, nel migliore dei casi, un diplomato ma un laureato in scienze infermieristiche) e che legittimamente reclama una maggiore responsabilità ed il riconoscimento delle proprie capacità.
Purtroppo alle prime avvisaglie di definizione del loro profilo si sono alzati gli scudi a “difesa” della professione medica. “È pura follia, gli infermieri non sono piccoli medici, sono un’altra cosa. Se questo è ciò che le Regioni vogliono, si assumeranno la responsabilità della distruzione della classe medica” (SNAMI). “diventa indispensabile un nuovo intervento che definisca l’atto medico. A leggere la bozza ministeriale, infatti, c’è il rischio che nella diagnosi e cura si verifichino invasioni di campo” (ANAAO). La FNOMCeO si rifiuta di partecipare al tavolo di discussione e dichiara “non vogliamo sollevare barriere alla crescita professionale degli infermieri, ma pretendiamo che venga comunque garantita la certezza dei ruoli. Tra i medici serpeggiano diverse paure, anche perché la bozza è così vaga da sembrare un mansionario
Dall’altra parte della barricata un’approfondita disamina del problema che ha coinvolto non solo gli infermieri ma anche i fisioterapisti, i tecnici audiometristi e audioprotesisti, i tecnici sanitari di radiologia medica e i tecnici di laboratorio biomedico al fine di definire ruolo e responsabilità e riorganizzare le funzioni relative all’offerta sanitaria che in un recente incontro hanno dichiarato di non avere nessuna intenzione di presentare il riordino in maniera unilaterale, ma di voler avere una base di discussione con professioni.
Resta il fatto che il SSN ha bisogni crescenti e necessità di aumentare il livello complessivo delle competenze, mediche e non. Riconoscere una funzione avanzata, magari anche una specializzazione è argomento fin troppo ovvio ed evidente nella pratica clinica quotidiana. Un infermiere ospedaliero fa ed ha competenze diverse da uno territoriale, un professionista di reparto chirurgico è diverso da uno di reparto medico e via discorrendo. Le figure di supporto (OSS e via discorrendo) spesso integrano quelle infermieristiche e, di fatto, stanno acquisendo nuove competenze. Voler mantenere l’infermiere in un limbo indefinito, richiedere loro una cultura universitaria e il famoso “pezzo di carta” e relegarli a dover partecipare ad aspetti dell’assistenza quali la pulizia personale e la consegna di farmaci da assumere è non solo fuori dal tempo ma anche offensivo della dignità di questi lavoratori.
I sofismi ascoltati in questi giorni non giovano a nessuno.

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