Pochi altri argomenti riscuotono l’interesse della comunità scientifica come nel caso della depressione nel Parkinson. La sua prevalenza, la sue specifiche manifestazioni, il suo valore sia come sintomo premonitore che di accompagnamento, il trattamento farmacologico e non sono tutti elementi che vengono regolarmente riproposti e rielaborati come è giusto che sia in questa condizione che disturba non poco la qualità della vita del paziente e dei suoi familiari. Nel lavoro pubblicato su Movement Disorder (link) gli Autori hanno affrontato una questione non marginale: i criteri diagnostici, non ancora convalidati. Allo scopo hanno utilizzato l’analisi di classe latente ed hanno esaminato una serie consecutiva di 259 pazienti con malattia di Parkinson. Tutti i pazienti sono stati valutati con una intervista psichiatrica completa che prevedeva la valutazione strutturata per depressione, ansia ed apatia. Il risultato principale è che tutti i criteri diagnostici del DSM-IV per la depressione maggiore (umore depresso, diminuzione di interesse o di piacere, modifiche del peso o dell’appetito, cambiamenti del sonno, alterazioni psicomotorie, perdita di energia, sentimenti di autosvalutazione o colpa, scarsa concentrazione e ideazione suicidaria) hanno identificato con elevata significatività statistica una classe di pazienti con grave depressione. L’analisi di classe latente ha evidenziato anche una classe di pazienti con sintomi depressivi minimi (non-depressi) e una classe di pazienti con sintomi depressivi intermedii (depressione moderata). Sia l’ansia che l’apatia sono condizioni di significativa comorbidità di depressione moderata e grave. Gli autori concludono che l’utilizzo nella pratica clinica e nella ricerca del DSM-IV consente una precisa identificazione delle persone parkinsoniane con depressione maggiore e suggeriscono che l’ansia può essere inclusa come un ulteriore criterio diagnostico.
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