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Il PD e la sanità

Ho avuto modo di leggere il documento programmatico del PD sulla sanità. Come tutti i documenti programmatici è un bel “quaderno dei sogni”. La situazione reale è tutt’altro che rosea e le attuali decisioni sembrano andare in direzione del tutto opposta. Nel documento vengono enunciati dieci punti per “riaffermare il diritto alla salute”. Priorità assolute sono la sanità del Sud e un federalismo solidale e responsabile. E poi trasparenza e legalità, rilancio degli investimenti, verifica della qualità e alleanza con gli operatori, non autosufficienza, salute della donna e lotta al dolore.

Stralcio dal documento alcuni passaggi chiave:

  • Il Pd ribadisce la necessità di mantenere il carattere universalistico, basato sulla fiscalità generale, del sistema di assistenza sanitaria, quale garanzia dell’uniformità nella quantità e qualità delle prestazioni e dei servizi sanitari in tutto il Paese.
  • La situazione della sanità nelle regioni meridionali non è più accettabile. La sfida di una sanità di qualità anche in queste regioni deve diventare una “grande questione nazionale”.
  • I provvedimenti attuativi del federalismo fiscale, e in particolare i cosiddetti “costi standard sanitari”, devono essere profondamente modificati per evitare l’ulteriore spaccatura tra nord e sud.
  • Dobbiamo imparare ad ascoltare i cittadini, utenti ma anche i veri azionisti di riferimento della sanità pubblica, a fidarci dei loro giudizi e delle loro valutazioni su come sono stati assistiti e curati.
  • La non autosufficienza è una delle grandi priorità del moderno welfare e come tale deve trovare adeguate garanzie nei Livelli essenziali di assistenza sanitari e socio-assistenziali.
  • Promuovere la relazione di fiducia fra medico, paziente e familiari per rispettare la volontà del paziente e non lasciarlo mai solo di fronte alla malattia.

Quindi “no” alla privatizzazione esasperata con pericolo di esclusione delle fasce deboli (e spesso più ammalate), “no” ai tagli, “no” ai piani di rientro e ai commissariamenti delle regioni meridionali (misure che nei fatti hanno fallito), “si” a costi standard adeguati ed equi, “si” ai nuovi Livelli essenziali di assistenza, “si” allo sviluppo di politiche di prevenzione sanitaria, di integrazione e razionalizzazione degli interventi socio-sanitari, “si” alla riorganizzazione della medicina di famiglia e dela rete ospedaliera, “si” al monitoraggio costente dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi.

Chi vivrà, vedrà.

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